l'Incontro con il Silenzio
Ecco che una briciola di silenzio, proveniente da una distesa innevata, da un’isoletta in mezzo al mare, da un fitto bosco o da un viaggio nel deserto, diventa così parte del nostro quotidiano. La natura ci nutre. Come? Lo notiamo se volgiamo lo sguardo al nostro mondo interiore. Scopriamo come modifica il nostro stato d’animo, la nostra mente, i nostri pensieri e le nostre emozioni. Se focalizziamo contemporaneamente l’attenzione verso il mondo interiore e quello esteriore, aumenta la comprensione dell’importanza di quest’incontro. L’esperienza della natura si espande; sentiamo, percepiamo, osserviamo e comprendiamo. Il tutto si arricchisce, di conseguenza risuona in più parti di noi, rendendoci presenti con quella particolare attenzione che noi chiamiamo consapevolezza. Attiviamo così una parte più ampia della nostra coscienza. La cosa strana è che, quando questo accade, c’immergiamo sempre più in quello che stiamo vivendo, che non solo diventa più ricco e profondo, ma sembra addirittura indicare che la natura stessa ha qualcosa da comunicarci attraverso il suo linguaggio silenzioso. Sintonizzandoci su questa frequenza, esercitiamo la nostra consapevolezza, e scopriamo sempre di più cosa ha in sé il silenzio della natura. Quando l’attenzione si affina iniziamo ad intuire che nella natura opera un’intelligenza particolare: osserviamo i perfetti dettagli degli alberi e dei fiori, scopriamo i principi raffinati che governano le società delle api e delle formiche. Il microcosmo della natura ci viene incontro nella sua magnificenza, così come il macrocosmo dell’universo. Questa immensa ricchezza naturale che ci circonda, e di cui noi stessi facciamo parte, ci riempie di riverenza. La natura c’invita ad essere presenti in uno spazio di silenzio; attraverso il movimento, anche nella nostra fisicità, cosicché la mente e i pensieri possano riposare, mentre ci apriamo all’intelligenza innata del corpo, della quale comprenderemo il significato proseguendo il nostro viaggio verso il silenzio. Per esempio diventa più chiaro che la cosiddetta sensazione viscerale è un particolare tipo di intelligenza. Forse scopriamo, come alcuni ricercatori ultimamente hanno osservato, che il cervello e le viscere hanno delle curiosi similitudini. Il contatto con la natura produce un effetto su di noi: ci tocca e ci sposta da un nostro luogo interiore ad un’altro. Nella natura incontaminata il silenzio è più corposo, cioè, più presente. Diventa una sfida la ricerca di questi ambienti, dove ci apriamo al silenzio e ascoltiamo le reazioni che nascono dentro di noi. Attraverso i secoli, gli esseri umani si sono addentrati nel deserto alla ricerca di se stessi.
Il popolo del deserto, i tuareg, infatti, usa dire così: “Dio ha creato un territorio con l’acqua, nel quale gli uomini possono vivere, un territorio senz’acqua, nel quale l’uomo sperimenta la sete, e il deserto, un territorio con e senza acqua, nel quale l’uomo può trovare la sua anima”.
La natura é il continente del silenzio, é pace, tranquillità, armonia, spazio. Ma la natura é anche suono e movimento che emerge in questo spazio di armonioso silenzio. La natura dà e riceve, pulisce e rigenera. Quando la natura dispiega le sue ali nel silenzio noi possiamo cederle il nostro frastuono. Possiamo far diventare questo scambio un esercizio, prendendo una preoccupazione, un pensiero o un’emozione alla volta, immaginandoci di donarli uno ad uno allo spazio di silenzio che ci circonda. Possiamo cedere i nostri pensieri più assillanti, le nostre nevrosi, le nostre frustrazioni, le nostre emozioni più pressanti e le nostre fissazioni.
Osservando ciò che stiamo facendo ci accorgiamo di quanto spazio occupa il frastuono dentro di noi. In questo immenso luogo di silenzio naturale ripuliamo la nostra mente e facciamo spazio a nuovi germogli che sono ansiosi di sbocciare. Intraprendere un viaggio alla ricerca del silenzio é una grande scelta, una scelta esistenziale.
Al solo pensiero qualcosa in noi si commuove. Il nostro viaggio prende due direzioni: quella interiore e quella esteriore. Ci dirigiamo verso qualcosa di sconosciuto che, forse, abbiamo sperimentato per brevi attimi e che desideriamo provare in modo più esteso. Accettando di procedere oltre, di metterci in gioco, il nostro sì risuona nella parte più profonda di noi. Diciamo di sì a qualcosa di grande e mentre questo avviene, una porta interiore comincia lentamente, delicatamente, silenziosamente ad aprirsi. Qualcosa lì dietro ha udito il nostro sì. Qualcosa qui dentro sta per rispondere. Per molti anni ho cercato il silenzio. Da sola e insieme ad altri, a casa e fuori.
Momenti di silenzio, di preghiera e di contemplazione, mi hanno fatto assaporare, percepire, realizzare. In silenzio, insieme ad altre persone, in ritiri, a corsi e in monasteri, ho imparato a stare vicino ad altri in modi diversi.
Nella natura, in montagna, al mare e nel deserto, ho avvertito l’abbraccio del silenzio e la sua voce. Ma l’ho anche cercato negli incontri con coloro che ne portano in sé un pezzetto, persone che lo hanno conquistato nel proprio mondo interiore. Durante il percorso ho affinato la sensibilità nel riconoscere i miei simili, le loro emozioni, le loro tensioni, il loro disagio. E il mio. Comunque sono ancora agli albori: uno studente desideroso di conoscere e un viaggiatore desideroso di sperimentare, per capire di più del misterioso continente chiamato Silenzio. Ogni individuo ha un proprio modo personale nel ricercare lo spazio di silenzio. Quando la ricerca diventa un vero viaggio ci accorgiamo che alcuni luoghi su questo pianeta sono più silenziosi di altri, così come alcune persone emanano più silenzio di altre. In queste dimensioni possiamo sostare da soli o in compagnia, abbandonare il fiume delle parole, aprirci e nutrirci di questo spazio di silenzio. Può essere all’ombra di un albero in un giardino, così come in una landa desolata, sulla sponda di un fiume o come in una chiesa. Ciò che percepiamo é una variazione ‘climatica’ del nostro spazio interiore. Dopo pochi minuti ci abbandoniamo, non facciamo null’altro che tollerare questo stato di silenzio. Poco tempo fa ho sperimentato il silenzio nel deserto del Sahara. Ancora oggi sono stupita dall’effetto che ha prodotto questo strano paesaggio sul mio stato interiore, sul mio stato di coscienza. Fino a tre anni fa non avevo mai messo in relazione il deserto con uno spazio di silenzio. In quel momento mi trovavo ad una conferenza in Svizzera dove due medici, Bertrand Piccard e Brian Jones, stavano parlando del loro giro del mondo in mongolfiera avvenuto nel 1999 e durato 16 giorni. Sorvolarono anche il deserto del Sahara e a questo proposito dissero: “Eravamo sicuri che sorvolare per quattro giorni un deserto sarebbe stata una noia mortale, ma, con nostro grande stupore, abbiamo vissuto un’esperienza indimenticabile. La bellezza e il silenzio di quel luogo é indescrivibile”, raccontarono con grande trasporto. Il viaggio verso il silenzio ci deve commuovere e muovere. Non solo toccare il nostro cuore, ma deve anche portarci da un luogo ad un altro nella nostra vita. Lentamente ci trasferiamo da una vecchia vita ad una nuova. La vita è la stessa, ma ci appare diversa perché abbiamo imparato a vedere con uno sguardo nuovo. Iniziamo a pensare diversamente, a scegliere diversamente, a dare importanza ad altre cose. Scopriamo qualcosa di intimo e personale che nessun altro ha visto e vissuto in quel modo. Se ciò non accade, significa che non stiamo facendo un vero viaggio, ma che stiamo inseguendo delle belle idee, seducenti, attraenti, affascinanti.
Un altro segno di riconoscimento del vero viaggio è la sorpresa. L’avvertiamo in modo totale. Ci riempie di una particolare felicità, di qualcosa di vitale. È impossibile essere sorpresi e indifferenti allo stesso tempo. In un vero viaggio verso il silenzio ci sorprendiamo della vita, di ciò che ci viene incontro e di ciò che abita in noi. I miti, le leggende e le fiabe degli eroi parlano sempre di viaggi di scoperta. Molti di essi simboleggiano il curioso viaggio che l’essere umano percorre nel proprio mondo interiore, alla ricerca del Santo Graal o della Pietra Filosofale.
Il percorso è importante tanto quanto il punto d’arrivo. È in esso, infatti, che qualcosa di noi, passo dopo passo, si affina. Un processo alchemico é in atto. Il lavoro degli alchimisti era proprio quello di trasformare, raffinare e cambiare un metallo grezzo in oro. Quello che appariva era una manipolazione di formule chimiche, in realtà l’intenzione e la ricerca era ben più profonda.
Così anche il nostro viaggio può diventare un lento processo di affinamento interiore, della nostra coscienza e del nostro territorio esistenziale. Armati di curiosità, di voglia di capire e di senso d’avventura, ci mettiamo in cammino. Lentamente comprendiamo che questo cammino assume un’importanza sempre più grande nella nostra vita. È una sfida cercare il silenzio in modo nuovo e insolito, con la stessa curiosità attenta con cui ci avventuriamo in una spedizione.
Con sguardo vigile annotiamo tutto ciò che accade attorno a noi, osserviamo e ricordiamo ciò che vediamo, udiamo e percepiamo.
E da instancabili investigatori non smettiamo mai di chiedere: com’è quest’esperienza? Che sfumature ha in sé? È possibile tradurre in parole le emozioni, le sensazioni, l’atmosfera? Come mai il silenzio a volte arriva lentamente, altre volte, invece, all’improvviso? Dove possiamo cercare? E dove possiamo trovare? Come posso io trovare il mio modo di cercare? Come posso io entrare nel mio viaggio unico e personale?
Kristin Flood
Dalla meditazione viene un immenso silenzio; non il silenzio coltivato, non il silenzio tra due pensieri, tra due rumori, bensì un silenzio inimmaginabile.
Il cervello diviene straordinariamente silenzioso, quando è impegnato in questo processo d'indagine; quando vi è silenzio, vi è una grande percezione.
In questo silenzio vi è il vuoto, un vuoto che è la somma di tutta l'energia.
Jiddu Krishnamurti.
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